Non l’ho mai detto ad alta voce. Se qualcuno ne parla tergiverso, parlo di IVG se sono costretta, come se un acronimo potesse cambiare la percezione. Così come non ho mai sopportato chi usasse apertamente, senza tentennare, il verbo: “un progetto abortito”, “un pensiero abortito”. Davanti a quella che ho sempre definito come leggerezza, mi sono sempre sentita a disagio. Non ho incontrato tante difficoltà una volta presa la decisione, ma ho sentito spesso intorno a me il peso del biasimo.
Oggi mi ripeto che se la mia scelta fosse stata diversa avrei avuto un presente più difficile, più amaro, legata per la vita ad una persona che di me ne faceva briciole, psicologicamente e fisicamente. Ho preferito sentirmi colpevole per tutta la vita, ma non subire ancora. Ho preferito sentirmi sbagliata, costruire muri, silenzi, ma non sentirmi ancora vittima. Sono stata fortunata, perché avevo il supporto della mia famiglia, dei miei genitori, che sapevano quanto una scelta diversa mi avrebbe condizionata, ancora di più. Sarei cambiata comunque, lo sapevano, lo sapevo. Quindi, anche se non posso puntare il dito verso medici obiettori di coscienza, punto il dito verso chi non riesce ad accettare la possibilità di una scelta: difficile, durissima, ma sicura. Perché colpevoli ci si sente senza il giudizio altrui, ma la scelta deve essere della donna.Ho incontrato una psicologa che dopo una “attenta” analisi del mio stato mentale (una seduta di meno di un’ora) ha decretato che io fossi pronta a rispondere al “richiamo della vita” (oggi la immagino sogghignare sotto il manifesto Pro Vita). Lo ha sentenziato non sapendo, non considerando, che proprio lì sotto ad aspettarmi c’era il ragazzo con quelle mani poco timide e troppo veloci, mentre parlavo con lei sotto la maglietta a maniche lunghe avevo un bel tatuaggio bluastro, e no, no, non era un simbolo d’amore.
Oggi sono Mamma. Da una mamma ci si aspetterebbe forse un certo contegno – perché la nostra cultura ci ha insegnato cosi? -, ci si aspetterebbe che dica no alla pillola abortiva. Che ne sia disgustata, forse? Ma sono una mamma che ha scelto il momento in cui diventarlo, la persona, ho scelto un nome, ho scelto con amore. Sono una mamma che crede nel diritto alla scelta. Oggi so di dover ringraziare quel Medico che non ha ostacolato una scelta durissima ma giusta, di dover ringraziare i miei genitori per avermi permesso di scrivere un futuro diverso. A quel medico devo il mio esser diventata mamma oggi, tra lacrime di gioia e non di paura. Ai medici che ostacolano questa scelta, vorrei dire che per una donna che decide non è mai facile, non lo sarà mai, ma avere l’opportunità di decidere, dovrebbe essere un diritto inalienabile. E no, non significa avere meno rispetto della vita. No. Non significa istigare con leggerezza ad una scelta di questo tipo, no. Un giorno vorrei poter raccontare la mia esperienza a mia figlia, senza che il peso del tabù si interponga tra noi. Questo non significa istigare al rimedio “facile”: vorrei dirle che per me non lo è stato, che è rimasto un pensiero fisso per tutta la vita, vorrei poterle evitare questo dolore. Ma finché verranno espresse parole così dure nei confronti di una donna che sceglie di abortire, il rischio sarà sempre di sentirsi un passo indietro, di lasciarsi schiacciare dalla meschinità di un giudizio.