Le lotte fanno la storia, le donne fanno le lotte, le donne fanno la storia.
In America Latina la Marea Verde – la Campaña por el derecho al aborto legal, seguro y gratuito si è diffusa a macchia d’olio in tutto il sub-continente, e non solo. La sua potenza d’urto innescata dalle donne argentine è riuscita a rendere l’aborto un tema caldo nel dibattito pubblico, capace di fare pressione sull’opinione pubblica, sui media e sui governi.
Nell’ultimo decennio la lotta dal basso del movimento femminista Ni una Menos ha permesso l’ottenimento del diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito in pochi ma tra i più popolati Paesi dell’America Latina: Colombia e Argentina, ma anche in 5 dei 32 stati federali del Messico.
Fino a 10 anni fa, infatti, l’aborto era praticato in soli cinque stati del sub-continente latino e caraibico: Cuba, Guayana, Guyana Francese, Porto Rico e Uruguay.
Tuttavia, la strada da percorrere è ancora lunga e impervia: nella stragrande maggioranza degli stati del centro e sud America, l’aborto viene considerato un reato punibile con il carcere e continua ad essere vietato senza condizioni (Suriname, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana, Haiti, Puerto Rico, Jamaica) oppure concesso solo se la prosecuzione della gravidanza:
- mette a rischio la vita della donna (Brasile, Cile, Panama e gli altri 27 stati federali del Messico) e la salute della donna (Venezuela, Paraguay, Guatemala, Perù e Costa Rica);
- mette a rischio la salute del feto (Brasile, Costa Rica, Bolivia);
- in caso di stupro (Brasile, Cile, Ecuador e Bolivia; quest’ultima prevede l’aborto anche in caso di incesto).
In tutti questi Paesi che non prevedono la libertà di scelta della donna se non nei limitanti casi prestabiliti delle varie legislazioni, le donne e soprattutto le giovani adolescenti (l’America Latina è il secondo subcontinente al mondo per numero di nascite portate avanti da madri-bambine, che ammontano al 18% del totale delle nascite, fonte UNFPA) continuano a ricorrere a metodi clandestini.
“Secondo il Guttmacher Institute, centro di ricerca che si occupa di politiche sull’interruzione volontaria di gravidanza, in Sud America e nei Caraibi ogni anno 760mila donne sono ricoverate per le conseguenze dovute a una gravidanza interrotta in modo non sicuro.” [Marta Facchini, giornalista, 2021].
“In America Latina si ritiene che il numero annuo di aborti realizzati in condizioni precarie e pericolose, tra le adolescenti di età compresa tra i 15 ei 19 anni raggiunga i 670.000 casi.” [Prof. Diego Battistessa, 2022].
Abbiamo più volte affrontato il tema dell’aborto clandestino nel nostro Paese, raccogliendo testimonianze storiche precedenti alla legge 194, imparando una regola che vale in ogni angolo del mondo: rendere illegale l’aborto non ha mai precluso e mai precluderà la volontà della donna di interrompere la gravidanza, qualunque sia il prezzo da pagare, inclusa la vita.
Così accade in Ecuador dove “ogni 12 minuti una donna abortisce”, spiega Lorena Rodriguez, lideresa ecuadoregna di Acción Feminista por la Paz, movimento nato a Loja, nel sud del Paese, che abbiamo avuto l’onore e il piacere di conoscere e intervistare qualche settimana fa a Barcellona, all’interno di un tour che il gruppo di attiviste ecuadoregne sta portando avanti per condividere le proprie testimonianze di lotta per i diritti delle donne in Ecuador, ma anche per raccontare nel loro Paese, in Occidente e, in particolare, in Catalogna storie di soprusi subiti.
Con il suo pañuelo verde legato al braccio, Lorena e le sue compagne hanno abbracciato la Marea Verde in Ecuador, affinché venga garantito l’aborto non solo nei casi di stupro entro le dodici settimane di gravidanza per le donne adulte nelle aree urbane (e fino a 16 settimane per le minorenni e le adulte nelle aree rurali) – come ha stabilito lo scorso anno la Corte Costituzionale Ecuadoregna grazie alle pressioni del movimento femminista – ma ogni qual volta la donna lo richieda.
La sentenza della Corte è sicuramente un primo passo importante per un paese molto cattolico come l’Ecuador (dove l’80 % della popolazione è cattolica) e dove una donna rischia fino a tre anni di carcere per aver interrotto una gravidanza. Un passo importante che supera il voto del Parlamento ecuadoregno del 2019, contro la depenalizzazione dell’aborto in caso di stupro o malformazione del feto, tuttavia si tratta di «un progresso necessario, ma incompleto» affermano i movimenti femministi.
Certe del fatto che le compagne ecuadoregne stanno già scrivendo la storia, auguriamo loro di arrivare dritte all’obiettivo: aborto legal, seguro y gratuito!
Fonti
https://reproductiverights.org/maps/worlds-abortion-laws/
https://repositorio.cepal.org/handle/11362/12812
https://lospiegone.com/2021/01/02/aborto-largentina-sia-esempio-di-lotta-per-il-mondo/
https://lospiegone.com/2021/02/16/diritto-all-aborto-america-latina/
https://www.lastampa.it/esteri/2012/10/19/news/l-uruguay-legalizza-l-aborto-1.36370168/
https://www.cinelatinotrieste.org/archivio/cineteca/marea-verde-37207
https://www.lifegate.it/messico-aborto-depenalizzaziome
https://www.indexmundi.com/map/?v=21&r=sa&l=it
https://www.dinamopress.it/news/marea-verde-laborto-legale-argentina/
https://www.theguardian.com/world/2022/feb/17/ecuador-abortion-rape-cases-legal